Un nome solo vi
dovrebbe rendere l'idea del livello di qualità e di
dettaglio riservato a quest'anime e cioè
Katsuhiro Otomo (il
papà di Akira) che è autore del Soggetto della sceneggiatura
e del mecha design di questo Roujin Z.
Avete visto
Akira?
Bene logicamente non ponetelo come termine di paragone
(altro è il budget stanziato), ma tenete conto della
maniacalità nei dettagli che è la firma di Otomo e piazzate
la vhs nel videoregistratore (o eventualmente il dvd nel
lettore) rinfrancati dal fatto che il maestro non si è
affatto lesinato neanche in questa produzione. Forse l'unica
pecca, ad essere proprio cavillosi ed eccessivamente di bocca
buona, la si può riscontrare nella direzione delle animazioni
di
Fumio Iida (alla direzione delle animazioni anche in un
altro classico quale
Le Ali di Honneamise) che in alcuni
casi (pochi ma ci sono) commette alcuni errori imperdonabili
come ad esempio l'eccessivo contrasto di colore tra disegno
animato e disegno di sottofondo. E' un errore classico della
vecchia scuola di animazione di prima dell'avvento della CG
odierna e dei supporti computerizzati (teniamo conto che
l'anime e del 1991) e che veniva corretto manualmente sulle
cels dai direttori di animazione che si accorgevano degli
eccessivi contrasti che potevano stonare e rendere
l'animazione sgradevole e prevedibile ai i palati fini. Alla
regia abbiamo un veterano della cinepresa che aveva
collaborato con Otomo già in Akira come membro dello staff
relegato alla Computer Graphics. In seguito si acquisterà
fama e gloria personale con alcune direzioni veramente
eccellenti tra cui quella di
Blood The last Vampire e gli
oav di
JoJo. La telecamera sa posizionarsi nelle situazione
migliori per rendere possibile la migliore visione
panoramica del tutto non dimenticando quel pizzico di Fan
Service prettamente nipponico che però non risulta affatto
sgradevole come in altre produzioni (
Aika?). Della
sceneggiatura e del soggetto scritto di pugno dal maestro
Otomo, credo sia bene dilungarsi. La trama è quanto di più
particolareggiato si possa volere, aldilà della atmosfera
poco ragionata e affatto pesante che pervade per tutta la
durata dell'anime e del leit-motiv che condiziona l'OAV (una
macchina direttamente collegata all'apparato fisiologico di
un anziano signore e la volontà da parte della sua
infermiera di aiutarlo a liberarsene) il lavoro svolto da
Otomo è minuzioso nei particolari che accompagnano le
vicende dei due protagonisti,
Haruko e il vecchio.